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 Mer 24 Giu 2020

STRESS “TELE-LAVORO” CORRELATO

  salute , smartworking , stress

STRESS “TELE-LAVORO” CORRELATO

L’attuale emergenza COVID-19 sta segnando e stravolgendo profondamente le dinamiche del mondo del lavoro prima d’ora adottate. In particolare a seguito dell’’articolo 2 del DPCM del 25 febbraio 2020 e successivi un fenomeno che si è insinuato prepotentemente in ambito professionale è il

“lavoro agile” (LEGGE 22 maggio 2017, n. 81), meglio conosciuto con il temine “smart working”.

In realtà per comprendere nella sua interezza il fenomeno bisogna specificare che spesso viene identificato erroneamente con il termine “lavoro agile” ciò che sarebbe più corretto definire “lavoro da remoto” o “home working”.

Con il termine “lavoro da remoto”, come ci suggerisce la parola stessa, si intende un lavoro che si svolge a distanza rispetto alle sedi centrali della propria azienda.

Il termine “lavoro agile” invece indica l’attività che un lavoratore svolge fuori dall’azienda ma rispetto alla quale ha piena autonomia riguardo tempi e luoghi di lavoro, senza che sia identificata una postazione fissa.

Pertanto si può considerare il “lavoro agile” come un evoluzione del “lavoro da remoto” che ha lo scopo di potenziare al massimo l’uso delle risorse umane facendo incastrare il più possibile le esigenze del lavoratore con le richieste lavorative, ottenendo al contempo risultati elevati.

La corrente gestione della delocalizzazione delle attività lavorative presso l’abitazione dei dipendenti in senso tecnico è quasi sempre più vicina al concetto di “lavoro da remoto” più che a quello di “lavoro agile”.

Il “Telelavoro”, che in realtà è un sinonimo del “lavoro da remoto”, sarà utilizzato da questo punto in senso lato per indicare anche il “lavoro agile”.

Un cambiamento così radicale nell’organizzazione del lavoro a livello globale risulta essere un fenomeno storico senza precedenti. Anche le aziende che avevano favorito forti trasformazioni del proprio modello organizzativo, in una logica mista di digitalizzazione e delocalizzazione, lo avevano sempre fatto tramite progetti pluriennali e passi progressivi. Un così forte passaggio di stato è una novità e, a valle della criticità COVID-19, dovrebbe essere osservato e compreso al fine di aiutare i lavoratori a superare i disagi vissuti.

Molte organizzazioni si son dovute dirigere verso nuove forme di tutela della salute dei lavoratori e dei clienti, velocizzando la diffusione del telelavoro e rivedendo anche processi fino a quel momento svolti in presenza. La necessaria chiusura delle scuole e delle istituzioni educative e il confinamento casalingo dei lavoratori, comunque spesso chiamati a produrre in remoto, producono un mix da considerare con attenzione. La responsabilità aziendale di predisporre condizioni ambientali in cui i lavoratori hanno una probabilità minima di ricevere un danno permane anche in condizioni inusuali come quelle che stiamo vivendo.

Un rischio al quale si presta sempre più attenzione in ambito lavorativo è lo Stress Lavoro Correlato. Solitamente si fanno risalire le principali cause di questo rischio a problemi nel luogo di lavoro: rapporto con il capo o con i colleghi, orario o carico di lavoro eccessivo. Si potrebbe pensare quindi che lavorando da casa molti di questi fattori verrebbero meno. In fondo, abbiamo una ricca serie di sperimentazioni che dimostrano come il “lavoro agile” porti notevoli benefici ai lavoratori in termini di coping (strategie adattative per la riduzione dello stress negativo).

In realtà la situazione che stiamo vivendo è nella sostanza una condizione di delocalizzazione delle postazioni (spesso anche con strumenti appena adeguati e postazioni non monitorabili) che è molto diversa dalle premesse di metodo del “lavoro agile”.

Siccome l’attuazione del telelavoro è avvenuta, per necessità, in tempi velocissimi, ha creato nelle abitazioni dei lavoratori convivenze forzate tra generazioni diverse (stante la concomitante chiusura di scuole e servizi per disabili e anziani).

Si vengono a delineare così frequenti momenti di conflitto interpersonale e ritardi produttivi che a loro volta generano tensioni con i colleghi. Frequentemente i lavoratori quando operano per obiettivi e non per compiti, rivedono la loro gestione del tempo lavorando di sera e riducendo le ore di riposo.

A queste difficoltà si somma il tecnostress (stress causato dall'uso prolungato di tecnologie e strumenti informatici) a cui vengono esposti particolari tipi di lavoratori non adeguatamente formati a cui viene imposto il telelavoro con l’utilizzo di programmi e applicazioni a loro del tutto sconosciuti.

Nell’insieme le ricerche di psicologia del lavoro, sviluppate negli ultimi decenni sia in Europa sia in altri continenti, evidenziano come il telelavoro (inteso come attività delocalizzata in home working che richiede rispetto di ritmi e orari) sia praticabile in maniera non eccessivamente stressante solo da chi è in grado di crearsi uno spazio proprio, senza ricevere interferenze dai propri familiari e interagendo con loro solo durante le pause. 

Il lavoro agile lascia maggiori spiragli di compatibilità con l’ambiente domestico, a patto che il professionista abbia la capacità o la possibilità di non confondere i diversi momenti della giornata, evitando il multitasking e, in nuclei che prevedono persone di diverse generazioni, coordinando i momenti produttivi con quelli di socializzazione e cura. In entrambi i casi, si tratta i situazioni molto diverse da ciò che oggi in Italia stanno vivendo moltissimi lavoratori.

Nel caso di profili di lavoratori differenti da quello su descritto, non adeguatamente e gradualmente preparati al cambiamento, paradossalmente lo stile organizzativo dato dal telelavoro può diventare una nuova fonte di stress piuttosto che una strategia atta a contrastarlo.

Alla luce di quanto su detto si evince che la prevenzione dello stress lavoro-correlato richiede azioni di monitoraggio nuove e, soprattutto, interventi di informazione e formazione intensi e ripetuti. Pena la probabile emersione di fenomeni di improduttività e disagio, abbinati anche a forme scarsamente monitorabili di disaffezione e di perdita di senso di appartenenza aziendale.

Al termine della crisi dovremo comunque considerare soluzioni per la misura dello stress vissuto e forme di aggregazione intra-organizzativa che possano permettere il superamento dell’evento.







A cura di: Dott. Davide BAGLIONI



Sitografia:

LEGGE 22 maggio 2017, n. 81:

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/13/17G00096/sg

RICERCHE STRESS LAVORO CORRELATO DI TIMOTHY D. GOLDEN:

https://www.researchgate.net/scientific-contributions/13038206_Timothy_D_Golden

 


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