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SALE MARINO DERIVANTE DA LAVORAZIONE CARNI: PUÒ ESSERE SOTTOPRODOTTO
Torniamo nuovamente ad esaminare un aspetto di natura tecnico-giuridica sempre attuale, relativo all’annosa questione della qualifica di rifiuti-sottoprodotti.
Sull’argomento specifico di questa notizia è intervenuta la Corte di Cassazione, che con sentenza n. 7899 del 2 ottobre 2014 (depositata in data 23 febbraio 2015 - cfr. allegato) ha (definitivamente?) riconosciuto la qualifica di sottoprodotto (e quindi di “non rifiuto”) del sale residuo derivante da operazioni di salagione delle carni, ribaltando di fatto una sentenza di condanna ex art. 256 del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. (gestione non autorizzata di rifiuti) a carico di un gestore di uno stabilimento del settore che, oltre ad aver reiteratamente stoccato il sale residuo sul piazzale aziendale, lo aveva ceduto a titolo gratuito al Comune per lo spargimento sulla rete viaria locale.
Secondo la Suprema Corte, infatti, il “fatto non sussiste” poiché risulta del tutto legittimo riconoscere soddisfatti interamente i requisiti di cui all’art. 184-bis (“Sottoprodotto”) del D.lgs. 152/2006 e s.m.i., dato che il sale non costituisce lo scopo finale del processo produttivo, viene ceduto a titolo gratuito “senza ulteriore trattamento e senza alcun apprezzabile nocumento né per la salute né per l’ambiente”.
A cura di: Dott. Marco ABRATE
ALLEGATI
Allegato: Sentenza della Cassazione n. 7899 del 2 ottobre 2014