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 Lun 23 Nov 2015

NUOVO CONCETTO DI ESODO SECONDO IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI

  prevenzione incendi , sicurezza

NUOVO CONCETTO DI ESODO SECONDO IL CODICE DI PREVENZIONE INCENDI

Le attuali norme internazionali di riferimento per la progettazione dei sistemi di esodo sono la ISO 13571:2012 e la ISO/TR 16738:2009, che rappresentano lo stato dell'arte in materia.

Il criterio progettuale attualmente proposto è denominato ASET > RSET ed è basato sul confronto tra il tempo previsto per l’esodo in caso di incendio, secondo gli scenari di progetto, ed il tempo effettivamente impiegato dagli occupanti per l’evacuazione dei locali, che comprende il tempo necessario a ricevere ed elaborare la segnalazione di emergenza e quello per realizzare l’esodo verso luogo sicuro, eseguendo le eventuali azioni protettive previste dal piano di emergenza ed evacuazione, senza subire danni dovuti all’incendio.

Secondo la ISO/TR 16738:2009, la progettazione ideale di un sistema di esodo deve assicurare agli occupanti la possibilità di permanere dove si trovano o raggiungere un luogo sicuro, senza essere esposti agli effetti dell’incendio. Tale criterio è applicabile alla maggior parte di edifici suddivisi in compartimenti. Solo per gli occupanti che si trovano nel compartimento di primo innesco dell'incendio l’esposizione ai prodotti della combustione è difficilmente evitabile.

Nei casi in cui gli occupanti possano essere esposti all'incendio, la ISO/TR 16738:2009 propone il criterio progettuale ASET > RSET, che consiste nel calcolo e nel confronto tra due intervalli di tempo definiti ASET, tempo disponibile per l’esodo (available safe escape time) e RSET, tempo richiesto per l'esodo (required safe escape time). Si considera efficace il sistema d'esodo se ASET > RSET, se cioè il tempo durante il quale permangono le condizioni ambientali non dannose per gli occupanti è superiore al tempo necessario affinché essi possano raggiungere un luogo sicuro.

ASET, il tempo a disposizione degli occupanti per mettersi in salvo, è strettamente dipendente dalle caratteristiche dei locali e dal carico di incendio: l'incendio si innesca e si propaga diffondendo nell'edificio i prodotti della combustione rendendo pericolosi gli ambienti in cui si trovano gli occupanti.

Per determinare ASET si valuta l’evoluzione delle condizioni ambientali generate dall'incendio all'interno dell'edificio in termini di fumi (visibilità, tossicità, ecc.) e calore (scambio convettivo e radiativo). Gli strumenti impiegati a tale scopo sono, in genere, scelti tra modelli analitici, modelli a zone (es. CFAST) e modelli di campo (es. FDS). Le condizioni ambientali così determinate sono quindi confrontate con specifiche soglie di prestazione, al di sopra delle quali si ritiene che gli ambienti non siano più sicuri e gli occupanti non più in grado di mettersi in salvo autonomamente.

Secondo la ISO 13571:2012, RSET, cioè il tempo richiesto per l'esodo, dipende da numerosi fattori quali le modalità di rivelazione ed allarme incendio, il comportamento degli occupanti dopo la ricezione del segnale d'allarme, le abilità sensoriali, cognitive e motorie degli occupanti, la tipologia di esodo progettata e il reale movimento degli occupanti. RSET è determinato da varie componenti:  tdet (tempo di rivelazione), ta (tempo di allarme generale), tpre (tempo di pre-evacuazione) e ttra (tempo di movimento). In relazione alle sue abilità, caratteristiche e posizione all'interno dell'attività, ciascun occupante ha un proprio RSET (per una migliore comprensione di quanto appena esposto si rimanda all'immagine riassuntiva in allegato).

Nella storia passata, per il dimensionamento geometrico delle vie di esodo, le regolamentazioni antincendio hanno impiegato il concetto di tempo a disposizione degli occupanti per raggiungere il luogo sicuro. Il primo studio sui sistemi di esodo (National Bureau of Standards, Stati Uniti, 1935) si basava su dati raccolti relativi alle dimensioni delle uscite e al movimento delle persone in edifici pubblici e proponeva metodologie di dimensionamento geometrico delle vie di esodo basate sull’assunzione che in 1 minuto potessero essere evacuate 60 persone su percorsi orizzontali e 45 lungo le scale, attraverso un modulo da 0,56 m (22’’).

Al tempo non erano disponibili gli strumenti teorici che oggi consentono di calcolare ASET e tutte le componenti di RSET, ma le regole empiriche allora utilizzate sono tuttora implicitamente presenti nelle regolamentazioni antincendio italiane, senza alcuna evidenza scientifica in merito alla loro assunzione e al loro impiego e senza che la loro efficacia sia stata valutata e verificata analiticamente. Per questo motivo non è possibile stabilire se le regolamentazioni tradizionali di sicurezza antincendio raggiungano i livelli di sicurezza che si prefiggono. Questo tipo di approccio (modello a corsie) non tiene conto di importanti fattori legati alla larghezza efficace delle vie di esodo e alle reali abilità motorie delle persone presenti nei luoghi da evacuare.

Studi condotti tra gli anni ‘70 e ‘80 (J. Fruin e J. Pauls) hanno dimostrato che gli occupanti che si muovono lungo le vie di esodo orizzontali e verticali non impiegano la totalità della larghezza geometrica disponibile, ma mantengono una certa distanza dalle pareti e dagli ostacoli. Pertanto solo la porzione centrale delle vie di esodo viene efficacemente impiegata. È per questo motivo che oggi i modelli idraulici per la stima dei tempi di movimento permettono di ottenere il flusso calcolato, cioè la grandezza che rappresenta la portata di persone al secondo caratteristica di una via di esodo, utilizzando la sua larghezza efficace e non la sua larghezza geometrica, con una conseguente riduzione del risultato ottenuto.

Le regolamentazioni antincendio tradizionali non tengono conto di questa restrizione della larghezza utile delle vie d'esodo. Le nuove regolamentazioni, come la BS 9999:2008, includono invece il fenomeno nei parametri di dimensionamento dei sistemi delle vie di esodo.

Secondo studi più recenti, come il “Report sull'inclusione sociale” del Ministero del lavoro e dell'ISTAT  riferito a dati 2013, circa il 25% della popolazione italiana risulta avere limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi. Di queste, il 24% ha limitazioni gravi, cioè il massimo grado di difficoltà in almeno una tra le funzioni motorie, sensoriali o nelle attività essenziali della vita quotidiana. Oggi sono disponibili nuovi strumenti e nuovi dati per offrire progettazione inclusiva, definita secondo la BS 7000-6:2005 come la progettazione di prodotti e servizi che siano ragionevolmente accessibili ed impiegabili dalla maggior parte della popolazione senza necessità di speciali adattamenti o progettazioni specifiche. Si supera quindi la distinzione tra “abili” e “disabili” per offrire prodotti e servizi appropriati per tutti i cittadini.

Le regolamentazioni antincendio tradizionali assumono, nei calcoli di dimensionamento, le caratteristiche di una popolazione media, mediamente abile, senza tener conto della distribuzione delle abilità motorie, sensoriali e cognitive reali della popolazione misurate dalle statistiche, e senza alcuna garanzia di adeguato livello di sicurezza antincendio anche per questi cittadini.

In Italia il primo documento che regolamenti in modo completo i sistemi di esodo è la circolare del Ministero dell'Interno del 15 febbraio 1951, n. 16 “Norme di sicurezza per la costruzione, l'esercizio e la vigilanza dei teatri, cinematografi e altri locali di spettacolo in genere” in cui viene introdotto il modulo italiano da 0,60 m e si definisce la capacità di deflusso, ovvero il numero di persone evacuate in un minuto, attraverso un modulo da 0,60 m, sia nelle vie di esodo orizzontali che verticali, in funzione della quota del piano rispetto al livello stradale. Questo presuppone implicitamente che il tempo a disposizione degli occupanti per raggiungere il luogo sicuro (temporaneo, ad es. scale protette) sia pari ad 1 minuto, senza giustificare in alcun modo tale assunzione.

Nelle regole tecniche pubblicate successivamente la regolamentazione è stata gradualmente alleggerita, omettendo, in alcuni casi, la dipendenza del numero di persone dalla quota del piano considerato e prevedendo semplicemente, ad esempio, una capacità di deflusso pari a 50 occupanti attraverso il modulo delle vie di esodo. Tale alleggerimento della normazione è avvenuto (apparentemente) senza alcuno studio che ne giustifichi le motivazioni.

Alla luce di quanto detto, il modello tradizionale impiegato in Italia per il dimensionamento del sistemi di esodo appare obsoleto e privo di qualsiasi legame con i risultati della ricerca scientifica recente. È questa la motivazione alla base della necessità di aggiornare la metodologia italiana di dimensionamento delle vie di esodo, realizzata con la pubblicazione del nuovo Codice di Prevenzione Incendi.

La sicurezza della vita umana e l’incolumità delle persone sono i primi obiettivi fondamentali della prevenzione incendi, stabiliti dall'art. 18 del Decreto Legislativo 8 marzo 2006, n. 139. Nel Codice di Prevenzione Incendi tali obiettivi sono perseguiti dal progettista della sicurezza antincendio con l'applicazione di una strategia antincendio unitaria e coerente, composta da tutte le misure antincendio proposte nella sezione S del Codice. Il nuovo sistema di esodo descritto al capitolo S.4 è dunque solo una delle misure che concorrono alla garanzia della sicurezza degli occupanti dell’attività oggetto di progettazione.

Secondo il Codice la finalità del sistema di esodo è di assicurare che gli occupanti dell'attività possano raggiungere in sicurezza un luogo sicuro. Nel capitolo S.4 sono proposti due livelli di prestazione:

I. sistema di esodo dinamico: gli occupanti devono abbandonare l’interno dell’attività in cui si trovano per raggiungere un luogo sicuro;

II. sistema di esodo statico: la protezione degli occupanti si realizza negli stessi ambienti in cui si trovano.

Il progettista può conseguire il livello di prestazione I applicando soluzioni conformi o soluzioni alternative. Per il livello di prestazione II sono disponibili solo soluzioni alternative, in quanto, vista l'enorme variabilità di attività incluse nel campo di applicazione del Codice, si ritiene non esista la possibilità di una soluzione in forma chiusa e semplice al problema di garantire protezione agli occupanti nel luogo in cui si trovano. Il capitolo S.4 contiene, pertanto, la descrizione dettagliata delle soluzioni conformi applicabili al solo livello di prestazione I per l'esodo. Vista la complessità progettuale delle soluzioni alternative per l'esodo, il capitolo impone al progettista l'impiego della metodologia ASET > RSET come descritta nel capitolo M.3, che tratta, nel dettaglio, i metodi prestazionali per la salvaguardia della vita umana dagli effetti dell'incendio. Anche i parametri semplificati disponibili nella soluzione conforme del capitolo S.4 sono stati ricavati impiegando l’analisi ASET > RSET, che rappresenta lo stato dell'arte in materia di dimensionamento dei sistemi di esodo. Le caratteristiche della popolazione considerata nei calcoli dei parametri semplificati tiene conto della distribuzione delle abilità motorie, sensoriali e cognitive misurate dall'ISTAT in Italia.

Fonti: Antincendio, EPC periodici

DM 03/08/2015 - Codice di Prevenzione Incendi





A cura di: Ing. Riccardo BESSONE


ALLEGATI
  Allegato: Rappresentazione grafica di ASET e RSET

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