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LINEE GUIDA SU ETICHETTE E DICHIARAZIONI AMBIENTALI - STATO DELL'ARTE
Nei paesi dell’Unione europea negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione verso le etichette e le dichiarazioni di prodotto, soprattutto di natura volontaria. In considerazione della crescente consapevolezza della rilevanza dei prodotti industriali, le informazioni richieste o i vincoli su determinate tecniche di produzione si sono estesi dai temi inerenti la sicurezza anche agli aspetti di tipo ambientale. A tal riguardo, la corretta gestione ambientale ha stimolato la ricerca di nuove strategie e nuovi strumenti che descrivano, in modo affidabile e oggettivo, le performance ambientali di prodotti e servizi e, allo stesso tempo, consentano di adottare le necessarie misure correttive.
Un’interessante strada intrapresa, in tal senso, dal governo europeo è quella delle Politiche Integrate di Prodotto (Integrated Product Policy - IPP) che prevedono l’integrazione di tutte le iniziative a carattere ambientale che possono essere applicate lungo le varie fasi del ciclo di vita dei prodotti e dei servizi, in quanto gli impatti ambientali derivanti dalle filiere produttive sono diversificati a più livelli: nel tempo, nello spazio, nella tipologia e nella gravità degli effetti.
Si giunge, così, alla definizione della strategia denominata Life Cycle Thinking (LCT), nella cui visione rientrano le cosiddette etichette ecologiche.
Per mettere ordine in questo campo, l’ISO ha prodotto alcune norme a carattere volontario con le quali classificare le varie tipologie di etichette e precisamente:
- UNI EN ISO 14020:2000 “Etichette e dichiarazioni ambientali - Principi generali”;
- UNI EN ISO 14021:2002 “Etichette e dichiarazioni ambientali- Asserzioni ambientali auto- dichiarate (Etichettatura ambientale di II tipo)”;
- UNI EN ISO 14024:2001 “Etichette e dichiarazioni ambientali - Etichettatura ambientale di Tipo I- Principi e procedure”;
- UNI EN ISO 14025:2006 “Etichette e dichiarazioni ambientali- Dichiarazioni ambientali di Tipo III- Principi e procedure”.
Per quanto riguarda le etichette di II tipo, ISO 14021, si tratta di asserzioni ambientali basate su autodichiarazioni del fabbricante. Tra i numerosi esempi, il più noto è l’autodichiarazione della percentuale di materiale riciclato usato (il “ciclo di Mobius”) o il punto verde tedesco (Der Grüne Punkt): la norma, comunque prevede una serie di vincoli da rispettare sulle modalità di diffusione e i requisiti sui contenuti dell’informazione.
Le etichette di I tipo, ISO 14024, invece, sono basate su criteri di eccellenza, singoli o multipli, sviluppati da una terza parte. Tali criteri fissano dei valori soglia da rispettare per ottenere il rilascio del marchio. Esempi di etichettature di I tipo sono il cigno bianco scandinavo (Miljömärkt), l’angelo blu tedesco (Der Blaue Engel) e l’Ecolabel, marchio di qualità ecologica introdotto dall’Unione europea all’inizio degli anni ’90 e, fra tutti i marchi di I tipo, sicuramente il più diffuso. Questo marchio ha come obiettivo, da un lato, quello di incoraggiare le aziende a seguire processi produttivi ambientalmente sostenibili e dall’altro di offrire ai consumatori la possibilità di fare scelte consapevoli nei loro acquisti, con la grande distribuzione nel ruolo strategico di agevolare l’incontro tra le parti. I prodotti contrassegnati da tale etichetta sono, infatti, beni che hanno superato rigidi criteri di selezione individuati per premiare l’eccellenza ambientale e prestazionale dei prodotti e approvati dalla Commissione europea. I requisiti ambientali vengono proposti e sviluppati per i diversi gruppi di prodotti in base a uno schema di valutazione multicriteriale, seguendo un approccio di ciclo vita “dalla nascita alla morte” finalizzato a rilevare gli impatti significativi dei prodotti, dall’estrazione delle materie prime fino all’eventuale smaltimento finale. In generale, i criteri devono tendere a promuovere la riduzione degli impatti sugli habitat naturali e sulle risorse associate, la riduzione dell’immissione nell’ambiente di sostanze inquinanti, la riduzione dell’uso di sostanze pericolose e le informazioni al consumatore che consentano un uso efficiente del prodotto.
Riguardo il marchio Ecolabel, la Commissione Europea, in seguito alla revisione del Regolamento Ecolabel (Reg. CE 66/2010), ha incluso nel campo di applicazione di questa etichetta anche gli alimenti e i mangimi, esclusi invece dal precedente regolamento.
Le etichette di III Tipo consistono in una dichiarazione quantificata dei potenziali impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto. Tra queste, una forma di etichettatura che sta trovando un sempre maggiore riscontro ed interesse a livello internazionale è la DAP (Dichiarazione Ambientale di Prodotto/Environmemtal Product Declaration – EPD) regolata dalla norma ISO 14025 che è applicata in diversi programmi ed attribuita a centinaia di prodotti e ciò conferma il grande interesse da parte del mondo della produzione nell'utilizzo di Dichiarazioni Ambientali che coinvolgano attori lungo tutta la filiera produttiva. Si configura fra gli strumenti volontari di gestione, come strumento innovativo, capace di comunicare in modo credibile le principali caratteristiche ed impatti ambientali di un prodotto/servizio aumentandone la visibilità e l'accettabilità sociale. È basata sull’Analisi del ciclo di Vita (LCA, Life Cycle Assessment) e permette di quantificare gli impatti ambientali in tutte le fasi della vita del prodotto/servizio, ovvero dall'estrazione delle materie prime alla creazione di un prodotto fino alla dismissione ed allo smaltimento.
Pur esistendo, in Europa, alcuni esempi di sistemi nazionali di etichettatura DAP (Svezia, Francia, Germania, Norvegia, Danimarca, Inghilterra), in Italia tale esperienza non è mai stata avviata. Esiste comunque, dal 2008, un Sistema EPD Internazionale (International EPD System) che deriva da quello Svedese (Swedish Environmental Management Council - SEMC) e dalla rete internazionale G.E.D.net (The global Type III Environmental Project Declaration Network).
Esiste, infine, un’ ultima tipologia di marchi ambientali volontari (non normati dalle ISO) che molti studiosi hanno definito “marchi ambientali di IV tipo”: si tratta di marchi che vanno oltre la definizione di etichette ISO di II Tipo, che sono sottoposte ad una forma di verifica indipendente di parte terza ma che non si basano su un approccio di valutazione del ciclo di vita o su misurazioni effettive. Queste etichette sono generalmente basate su un insieme di criteri di “best practice” o su standard che vengono utilizzati per differenziare il prodotto da quelli tradizionali, in genere sulla base della reputazione dell’organismo che rilascia l’etichetta. Esempi di queste etichette sono ad esempio il marchio Forest Stewardship Council (FSC) di origine americana e il marchio PEFC, di origine europea, entrambi relativi alla gestione ambientalmente adeguata dei prodotti in legno o carta derivati da foreste.
A cura di: Dott. Pierantonio SERAFINO