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 Gio 22 Ott 2015

LE FIBRE ARTIFICIALI VETROSE (FAV): APPROVATE LE LINEE GUIDA

  agenti cancerogeni , agenti chimici , linee guida

LE FIBRE ARTIFICIALI VETROSE (FAV): APPROVATE LE LINEE GUIDA

La conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano, con l’accordo n. 59/CSR del 25 marzo 2015, ha approvato il documento Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV): Linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizione e le misure di prevenzione per la tutela della salute” (cfr. allegato), predisposto da un gruppo di lavoro costituito da esponenti del Ministero della Salute, dell’istituto Superiore di Sanità, dell’INAIL, delle Regioni Marche e Toscana (S.Pre.S.A.L. Livorno) ed altri.

Le Linee Guida sviluppano i seguenti argomenti: identità delle fibre; proprietà chimico fisiche; classificazione di pericolo e aspetti normativi; metodi di prova ai fini della classificazione delle fibre; tipologia di utilizzo e settori di impiego; effetti sula salute; esposizione a FAV nei luoghi di lavoro e D.lgs. 81/2008; valori di riferimento e dati di esposizione; gestione operativa dei rifiuti contenenti fibre minerali; indicazioni operative.

Sono infine presenti due allegati, costituiti rispettivamente da una nota metodologica relativa all’analisi dei materiali fibrosi in massa e dagli obblighi e responsabilità del medico competente.

Le FAV rappresentano, fra le fibre artificiali inorganiche, la categoria maggiormente in uso in svariati settori, grazie alle loro eccellenti caratteristiche (resistenza meccanica, inestensibilità, flessibilità, ininfiammabilità, resistenza all’umidità, resistenza agli agenti chimici corrosivi, inattaccabilità da microorganismi, etc.).

Fanno parte della famiglia delle FAV più tipi di fibre: quelle a filamento continuo (utilizzate in campo tessile, in ambito elettrico e come materiali di rinforzo per plastica e cemento); le lane di vetro (utilizzate per filtri e isolamenti speciali); le fibre ceramiche refrattarie FCR (utilizzate in applicazioni industriali al fine dell’isolamento di forni, di altoforni, di stampi di fonderia, di condutture, per la fabbricazione di giunti, nell’industria automobilistica ed aeronautica, nella realizzazione di protezioni antincendio); altre FAV, quali lana di vetro per isolamento, lana di roccia, lana di scoria, lane di nuova generazione quali AES, HT wool, sono genericamente denominate lane minerali (utilizzate come isolanti in edilizia, come additivi di rafforzamento di cementi e prodotti bituminosi, etc.). Le differenze che intercorrono fra le tipologie di FAV sono relative alle proprietà fisiche (lunghezza e, in particolar modo, diametro) ed alla differente composizione chimica, con conseguenti potenziali effetti biologici diversi, legati alla diversa persistenza biologica. I cicli di produzione delle differenti FAV ed i successivi impieghi influiscono in modo determinante sulle caratteristiche dimensionali. In talune circostanze (collegate prevalentemente ad usi successivi, post produzione), si possono generare particolati, con rapporto lunghezza/diametro > 3:1 (al proposito, si ricorda che tutte le particelle con lunghezza maggiore di 5 micron, diametro inferiore a 3 micron e rapporto dimensionale L/D superiore a 3, sono definite “fibre respirabili”). Le FAV commercialmente importanti sono a base di silicio e contengono percentuali variabili di altri ossidi inorganici. I componenti non a base di silicio includono, in via non esclusiva, ossidi alcalini, alcalino-terrosi, alluminio, boro, ferro, zirconio. Gli ossidi alcalini e alcalino-terrosi sono caratterizzati da elevata bio-solubilità (ossia la capacità di essere smaltiti dall’organismo prima che possano dar luogo ad effetti nocivi). Al proposito, le Linee Guida contengono la tabella riportante la composizione chimica dei diversi tipi di FAV (IARC 2002).

In linea generale, la composizione chimica determina la bio-persistenza, ovvero il tempo di persistenza all’interno del polmone; le caratteristiche dimensionali influiscono sulla respirabilità delle fibre. I valori assunti da queste due grandezze sono alla base dei criteri di classificazione delle FAV, ai sensi del regolamento CLP relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele, in vigore dal 01/06/2015.

Nel gruppo delle FAV, sono state oggetto di classificazione le lane minerali e le fibre ceramiche refrattarie (FCR). I criteri di classificazione, e quindi l’attribuzione della classificazione “cancerogeno”, tengono conto del diametro medio geometrico della fibra e del contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi. Di fatto, fibre a filamento continuo con diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza > 6 micron sono esentate dalla classificazione come cancerogene (nota R). Al contrario, fibre a filamento continuo con diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza < 6 micron sono classificate come cancerogene di categoria 1B (sostanze con un presunto potenziale cancerogeno sugli esseri umani) oppure di categoria 2 (sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sugli esseri umani) a seconda del loro contenuto di ossidi alcalini o alcalino-terrosi. Le fibre ceramiche si classificano come cancerogene 1B quando il contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi risulta < 18%; le lane minerali si classificano come cancerogene 2 quando il contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi risulta > 18%.

È inoltre prevista una deroga dalla classificazione come cancerogeno, nel caso venga rispettata almeno una delle seguenti condizioni (nota Q):

- Una prova di persistenza biologica a breve termine mediante inalazione ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 10 giorni.

- Una prova di persistenza biologica a breve termine mediante instillazione intra-tracheale ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20 micron presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 40 giorni.

- Una adeguata prova intraperitoneale non ha rivelato evidenza di un eccesso di cancerogenicità.

- Una prova di inalazione appropriata a lungo termine ha dimostrato assenza di effetti patogeni significativi o alterazioni neoplastiche.



In sintesi, la nota Q stabilisce che la classificazione “cancerogeno” non si applica se è possibile dimostrare, per mezzo di test, che le fibre hanno bassa bio-persistenza.

La tabella 3 delle Linee Guida riporta la classificazione delle FAV, secondo l’allegato VI del Regolamento CLP.

Sono altresì assegnate alle FAV i seguenti consigli di prudenza:

- S 2-36/37: conservare fuori dalla portata dei bambini-usare indumenti protettivi adatti/usare guanti adatti.

- S 53-54: evitare l’esposizione procurarsi speciali istruzioni prima dell’uso-in caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico (se possibile, mostrargli l’etichetta).



Relativamente alle metodiche analitiche, le Linee Guida indicano che per verificare la presenza di FAV in campioni di massa si utilizza, quale tecnica analitica, la SEM-EDXA, che permette l’analisi elementare degli elementi. Le tecniche analitiche utilizzate per la determinazione della concentrazione di FAV aerodisperse sono quelle microscopiche (MOCF e SEM-EDXA). Per quanto riguarda la determinazione delle concentrazioni di ossidi alcalini e alcalino-terrosi in campioni di massa, al fine della classificazione delle FAV, viene evidenziata l’attuale assenza di metodi ufficiali validati. Attualmente in uso una metodica ideata dal Gruppo Interregionale Fibre (basata sulla quantificazione strumentale dei metalli tramite spettrofotometria di emissione al plasma). Il centro di microscopia elettronica ARPA (dipartimento di Milano), ha messo a punto una metodica interna basata sull’utilizzo della microanalisi ai raggi X di fluorescenza, installata sul microscopio elettronico a scansione.

Gli effetti sulla salute che possono derivare da una esposizione a FAV risultano sostanzialmente condizionati dall’interazione fra le caratteristiche chimico-fisiche e tossicologiche presentate dalle diverse fibre, rispetto alle capacità difensive dell’organismo esposto. Tali capacità possono variare in relazione a fattori di rischio voluttuari (es. fumo di sigaretta) e per fattori di rischio individuali in grado di incidere negativamente sui meccanismi difensivi che assicurano la rimozione, l’allontanamento e l’espulsione o la dissoluzione delle particelle o fibre depositate, in rapporto al livello alla durata ed alle modalità di esposizione. In ogni caso, la patogenicità di una determinata fibra vetrosa risulta condizionata in modo significativo dalla sua biopersistenza: più a lungo una fibra persiste nel tratto respiratorio, tanto maggiore è la probabilità che essa determini effetti nocivi sul medio-lungo periodo.

Inoltre, le FAV risultano in grado di attivare processi infiammatori nelle vie respiratorie che, in caso di elevata biopersistenza, possono determinare anche alterazioni anatomopatologiche.

Relativamente agli effetti irritativi delle FAV, le stesse non sono più considerate irritanti per la pelle (per loro, dal 2009 è stata eliminata la frase di rischio R39 – irritante per la pelle), poiché gli effetti osservati sarebbero da ascrivere ad azioni di tipo meccanico sulla pelle e non da imputare alla composizione chimica. Non sono invece chiarite le osservazioni relative a patologie cutanee allergiche attribuite ad additivi utilizzati per la lavorazione delle FAV.

L’esposizine alle FAV in ambiente di lavoro è legata alle fasi di fabbricazione, lavorazione, installazione, rimozione, bonifica e smaltimento. L’edilizia, l’industria in genere ed i trasporti sono i settori maggiornente interessati. La penetrazione nell’organismo avviene per via respiratoria (inalazione delle fibre aerodisperse) e/o per contatto cutaneto con il prodotto.

In tale ambito si applica il Titolo IX del D.lgs. 81/2008 “Sostanze pericolose”. Qui, l’esposizione a lane minerali artificiali ricade nel campo di applicazione del Capo I “Protezione da agenti chimici”, mentre l’esposizione a fibre ceramiche refrattarie FCR, in quanto classificate cancerogene di categoria 1B (in relazione alla percentuale di ossidi alcalini e alcalino-terrosi), ricade nel campo di applicaizone del Capo II “Protezione da agenti cancerogeni e mutageni”. Ne derivano, di conseguenza, gli obblighi di valutazione dei rischi e di adozione delle misure di prevenzione e protezione, differenti a seconda dei casi. L’attuale produzione di lane minerali risponderebbe a quanto richiesto dalla nota Q, per cui le stesse risultano non classificate come cancerogene ed anche non classificate come irritanti per la pelle.

Sono pertanto da adottare i consigli di prudenza ed i relativi DPI:

- Indossare DPI respiratori tipo facciali filtranti FFP1;

- Utilizzare guanti di protezione;

- Indossare occhiali protettivi;

- Coprirsi con indumenti da lavoro;

- Sciacquarsi con acqua fredda prima di lavarsi.



In particolare, per quanto riguarda le operazioni di coibentazione/rimozione di materiali contenenti FCR e lane minerali non rispondenti alla nota Q, con specifico riferimento a quelli in matrice friabile, le indicazioni tecniche da seguire per garantire una protezione adeguata risultano essere le stesse previste dal D.M. 6/9/1994 relative alla bonifica di materiali contenenti amianto.

In ogni caso, occorre adottare misure relative a: imballaggi; preparazione delle strutture oggetto del lavoro; delimitazione dell’area di lavoro; preparazione della zona di lavoro in ambienti confinati; manipolazione dei prodotti; pulizia dell’area di lavoro; uso dei DPI (maschere respiratorie, tute monouso, guanti); formazione degli operatori.

Per quanto riguarda i limiti di esposizione professionale, si deve in prima battuta fare riferimento all’allegato XXXVIII del D.lgs. 81/2008, in cui sono elencati gli agenti chimici per i quali la legislazione italiana stabilisce un valore limite, ovvero all’allegato XLIII in cui sono individuati i valori limite di esposizione per gli agenti cancerogeni.

Per quanto riguarda le FAV, nessuno dei due allegati fornisce indicazioni. Conseguentemente, in assenza di limiti normati, si fa riferimento ai valori limite di esposizione nei luoghi di lavoro dell’ACGIH (0,2 f/cm3 per FCR; 1 f/cm3 per lane di roccia, lane di scoria, lana di vetro, fibre di vetro a filamento continuo).

Per i lavoratori esposti alle FCR, classificate come cancerogene, è sempre obbligatoria, da parte del datore di lavoro per il tramite del medico competente, l’attivazione della sorveglianza sanitaria e l’istituzione del registro degli esposti.



A cura di: P.I. Marco ANTONIELLI



 


ALLEGATI
  Allegato: Accordo SR 25-3-2015 - Linee Guida FAV

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