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LAVORI IN QUOTA PER LA CORTE DI CASSAZIONE
normativa
, sentenza
, sicurezza
La Corte di Cassazione, Sez. IV, con la sentenza del 15 settembre 2017 n. 42261 (cfr. allegato 1), ha dato un’interpretazione alla nozione di “lavori in quota”, contenuta nelle disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro vigenti. Una analoga nozione dei lavori in quota era stata già data in occasione di un’altra sentenza, della stessa Sez. IV, della Corte suprema, la n. 39024 del 20/9/2016, sulla protezione dalla caduta dall’alto, nozione introdotta dall’art. 16 dell’abrogato D.P.R. n. 164/1956 e ripresa nell’art. 122 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, successivamente modificato dal D. Lgs. 3/8/2009 n. 106. Nel 2008, infatti, con l’art. 122 del D. Lgs. n. 81/2008, è stato sostanzialmente riscritto il contenuto dell’art. 16 abrogato creando così una sorta di continuità normativa fra le vecchie e le nuove disposizioni sulla protezione dalla caduta dall’alto. Successivamente nel 2009 con il D. Lgs. n. 106/2009, correttivo ed integrativo del D. Lgs. n. 81/2008, il legislatore, forse proprio per dipanare i dubbi sorti sul’applicazione dell’art. 16 del D.P.R. n. 164/1996 e quindi dell’art. 122 del D. Lgs. n. 81/2008 (cfr. allegato 2), ha modificato lo stesso articolo 122 sostituendo l’espressione “nei lavori che sono eseguiti ad un’altezza superiore ai m 2 devono essere adottate. . .” che compariva nel testo originario con l’espressione “nei lavori in quota, devono essere adottate. . .” per cui a tutt’oggi risulta chiaro il campo di applicazione dell’art. 122 del D. Lgs. n. 81/2008, che il legislatore ha voluto legare al lavoro in quota definito esplicitamente dall’art 107 dello stesso D. Lgs. come “l’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile” e per il quale è obbligatoria una protezione al fine di evitare la caduta dall’alto di persone o cose.
La Sezione IV ha motivato la sentenza, legata alla nozione dei lavori in quota, sostenendo che “l'altezza superiore a m 2 dal suolo, tale da richiedere le particolari misure di prevenzione prescritte dall'art. 122 del D. Lgs. n. 81 del 2008, va calcolata in riferimento all'altezza alla quale il lavoro viene eseguito, rispetto al terreno sottostante, e non al piano di calpestio del lavoratore”. Quindi, sotto il profilo giuridico, secondo la Corte suprema, non ha rilievo che il piano di calpestio sia posto ad un'altezza inferiore a metri 2, se il lavoro si svolge ad un'altezza superiore.
A cura di: Ing. Roberto ORIGLIA
ALLEGATI
Allegato 1: Cassazione Penale, Sez. 4, 15 settembre 2017, n. 42261
Allegato 2: Art. 122 del D. Lgs. n. 81/2008