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Area Riservata
INFORTUNIO MORTALE CON CARENZE NEL DVR RESPONSABILITÀ DEL DL E DEL RSPP
Cassazione Penale, Sez. 4, 20 luglio 2018, n. 34311 (cfr. allegato) - Infortunio mortale all'interno dell'impianto di betonaggio. Evidenti carenze del DVR sul rischio connesso all'operazione di lubrificazione e responsabilità del datore di lavoro e del RSPP.
Il fatto è avvenuto all’interno di un impianto di betonaggio, sopraelevato rispetto al piano terreno ed accessibile tramite una scala. L’impianto era formato da una vasca di miscelazione degli inerti, posta su di un soppalco, accessibile mediante l'apertura di un coperchio soprastante.
A distanza di circa un metro e mezzo dalla vasca era ubicata una cabina di controllo, nella quale si trovavano l'armadio contenente il quadro elettrico e, affianco, la consolle dei comandi munita dei comandi conformati a forma di fungo per l'arresto in sicurezza dell'impianto.
Il processo produttivo prevedeva che quotidianamente i due alberi rotanti interni alla vasca venissero ingrassati tramite un pennello, in modo da impedire che sugli angoli si depositassero residui di calcestruzzo; terminato l'ingrassaggio, dalla cabina di comando, previa impostazione delle quantità di materiale necessario alla preparazione dello specifico composto richiesto dal cliente, veniva dato impulso all'impianto, di talché gli alberi cominciavano a ruotare ed a mescolare gli ingredienti.
Terminata la lavorazione, il calcestruzzo veniva scaricato tramite un'apertura inferiore di cui era dotata la vasca e seguiva poi un processo serale automatico di lavaggio, tramite un'idropulitrice, per eliminare i diversi detriti ed approntare la vasca per la produzione del giorno dopo.
L’operaio addetto alla manutenzione ordinaria della macchina, precedente l'inizio della lavorazione vera e propria, si era introdotto all'interno della vasca per lubrificare gli alberi, circostanza desunta dal fatto che all'interno di essa erano stati trovati un secchio di grasso ed un pennello, mentre alla consolle si trovava il collega, che aveva evidentemente dato avvio all'impianto senza avvedersi della persona all'interno, nonostante la vicinanza della cabina alla betoniera: gli alberi avevano quindi iniziato la loro rotazione ed il manutentore era rimasto schiacciato tra gli stessi, senza che il collega riuscisse a fermare l'impianto.
Agli imputati si sono contestati profili di colpa generica e precise violazioni della normativa antinfortunistica di cui al D.Lgs. n.81/2008 avendo gli stessi consentito, cooperando tra loro con condotte indipendenti, che l’infortunato eseguisse operazioni di ingrassaggio delle parti interne della vasca di mescolamento di un impianto di betonaggio, senza che, da parte del RSPP fosse stato redatto un DVR che individuasse i fattori di rischio connessi alle dette operazioni, necessarie prima dell'inizio di ogni ciclo di produzione di calcestruzzo e che comportavano l'ingresso di un lavoratore in zona ad alto rischio
Il RSPP e il Datore di lavoro hanno disposto e consentito che tali operazioni avvenissero in un impianto privo di una bobina di sgancio di minima tensione, con tutto il circuito elettrico di sicurezza (compresi i pulsanti di emergenza per l'interruzione dell'alimentazione e gli interruttori di sicurezza) isolato dal resto dell'impianto ed assolutamente inservibile, mettendo quindi a disposizione del lavoratore un'attrezzatura che presentava rischi di contatto meccanico e non idonea ai fini della salvaguardia della salute e della sicurezza sul lavoro; ancora, senza aver predisposto, i medesimi due imputati, una procedura di verifica, anche periodica, dell'efficienza delle sicurezze dell'impianto elettrico, sicurezze che impedissero la rotazione degli alberi durante la presenza dell'addetto all'interno della vasca per le operazioni di lubrificazione.
La Corte territoriale rilevava che effettivamente il DVR non contemplava affatto l'operazione quotidiana di ingrassaggio delle pale, e nulla quindi specificava su come tale intervento dovesse essere realizzato, se dall'interno o dall'esterno della vasca, né con quali dotazioni di protezione individuale, né con quali norme di sicurezza rispetto all'accensione dell'impianto; nulla si diceva altresì riguardo alle operazioni di manutenzione straordinaria, che veniva per forza svolta dall'interno della vasca. Si trattava dunque di un documento palesemente e incontestatamente lacunoso. A tali lacune non suppliva il sistema di qualità, invocato a difesa quale parte integrante e complementare del DVR, in quanto volto ad una finalità diversa, quella cioè di garantire la realizzazione del prodotto nel rispetto degli standards di qualità e sicurezza, in favore dei clienti. In ogni caso le istruzioni operative, che componevano il manuale del Sistema Qualità, elencavano semplicemente le operazioni da compiere, ma non si soffermavano sulle modalità di esecuzione ed i connessi rischi - anzi era prevista una pericolosa accensione della betoniera prima dell'ingrassaggio delle pale - e comunque non erano integrative del DVR, non presentando i contenuti legislativamente previsti per tale documento.
I giudici si soffermano sul fatto che, “se il compimento dell'operazione di lubrificazione/ingrassaggio delle pale e dei due alberi interni alla vasca di mescolamento del calcestruzzo fosse stato oggetto di compiuta procedimentalizzazione nel DVR e di conseguente specifica istruzione ai lavoratori, attraverso la previsione dell'obbligo di compiere dall'esterno tale attività mediante l'utilizzo di appositi strumenti posti a disposizione dall'azienda, che consentissero di arrivare anche ai punti più distanti dal bordo della vasca - senza necessità di introdursi all'interno - o se fosse stata impartita specifica prescrizione affinché l'addetto svolgesse tale operazione sempre estraendo e custodendo la chiave che comandava l'avvio dell'impianto dalla cabina comandi - in modo da evitare che altri potessero accidentalmente azionarlo - era ragionevole ritenere, con elevato grado di probabilità logica, che un simile evento non si sarebbe verificato.”
Allo stesso modo hanno ritenuto i giudici di appello che un'incidenza causale sulla verificazione dell'evento aveva assunto la violazione del dovere di assicurare una periodica verifica ispettiva e manutentiva dell'impianto e del quadro comandi, atteso che ove fosse stata compiutamente disciplinata l'attività di verifica da eseguire per stabilire la perfetta efficienza del sistema di sicurezza, sarebbe stato ragionevolmente possibile rilevare come il circuito di sicurezza fosse stato "bypassato" - tanto da consentire il funzionamento dell'impianto anche operando con il coperchio aperto - e da ciò trarre le necessarie iniziative per ovviare a tale funzionamento, prescrivendo, in primo luogo, di non utilizzare l'impianto fino al ripristino della sua completa efficienza sul piano della sicurezza e della incolumità dei lavoratori.
A riguardo al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, la Suprema Corte ha quindi affermato che "pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non operativo e gestionale ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di adempiere diligentemente all'incarico affidatogli e di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri".
La Corte ha anche precisato che "il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, può essere ritenuto responsabile, in concorso con il datore di lavoro o anche a titolo esclusivo, del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa, che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione".
A cura di: Dott. Mag. Marco CARENA
ALLEGATI
Allegato: Cassazione Penale, Sez. 4, 20 luglio 2018, n. 34311