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GREEN PASS NELLE AZIENDE: LA GESTIONE DI MENSE E REFETTORI
COVID-19
, luoghi di lavoro
, normativa
Da una interpretazione forzata spesso derivano forzature ulteriori. L'uso della certificazione digitale Covid-19 non solo per l'entrata in teatri, ristoranti e posti similari, ma anche per l'accesso quotidiano in luoghi di lavoro di tutti i settori, rappresenta al momento attuale una distorsione rispetto agli ambiti di applicazione previsti dal legislatore.
A far sorgere la questione è la FAQ del governo del 14 di agosto che riporta il seguente testo:
“Per la consumazione al tavolo nelle mense aziendali o in tutti i locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti pubblici e privati è necessario esibire la certificazione verde COVID-19?
Sì, per la consumazione al tavolo al chiuso i lavoratori possono accedere nella mensa aziendale o nei locali adibiti alla somministrazione di servizi di ristorazione ai dipendenti, solo se muniti di certificazione verde COVID-19, analogamente a quanto avviene nei ristoranti. A tal fine, i gestori dei predetti servizi sono tenuti a verificare le certificazioni verdi COVID-19 con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 giugno 2021””
Dalla FAQ sopraindicata pare che l'obbligo di "green pass" si applichi in caso di presenza sia di un servizio di ristorazione, sia di un gestore titolato al controllo; escludendo quindi il semplice refettorio (adibito al consumo di pasti non somministrati dal datore di lavoro, né direttamente né tramite servizio di mensa), al quale sembra mancare il presupposto per l'applicazione dell'obbligo di green pass.
Su tali conclusioni è d’accordo la stessa Confindustria che, nel documento intitolato “Il green pass quale condizione per l'accesso alle mense aziendali”, ha chiarito una serie di aspetti connessi alla FAQ pubblicata dal governo su questo tema.
Tuttavia — aggiunge Confindustria — siccome il Protocollo governo-parti sociali (del 24 aprile 2020, aggiornato il 6 aprile scorso) prevede sempre l'uso della mascherina negli spazi condivisi in azienda, «sembra esclusa la possibilità di consumare pasti in compresenza e in locali comuni». In altre parole la Confindustria conclude indicando che, nei cosiddetti locale refettorio non c'è obbligo di "green pass", ma nemmeno si può mangiare, perché c'è obbligo di mascherina.
È palese la criticità che deriva da questa interpretazione. Diverse aziende non hanno la mensa, ma solo locali adibiti al consumo dei pasti: in questi casi, ci si chiede come e dove i lavoratori potranno mangiare.
Il problema resta ai datori di lavoro, che si trovano di fronte un quadro regolatorio oltremodo complesso: il Dpcm del 2 marzo, che esclude le mense dalle misure previste per la ristorazione commerciale; il decreto-legge di luglio (n. 105) — che ne richiama un altro di aprile (n. 52) e fa
comunque salvo il citato Dpcm — interpretato da una FAQ circa l'obbligo di Green Pass a mensa; la FAQ—pubblicata ben otto giorni dopo 'operatività dell'obbligo stesso — a propria volta interpretata dal citato documento di Confindustria.
Così le aziende, data la confusione, procedono in ordine sparso: alcune chiedono il possesso di "green pass" anche per accedere ai locali refettorio, nonostante il datore di lavoro non possa effettuare i relativi controlli, come ribadito dal Garante della privacy; altre lasciano libero accesso ai lavoratori al refettorio assumendosi la responsabilità sulle opportune misure applicate (es. riduzione delle presenze, installazione separatori ai tavoli, ecc.) altre infine sono intervenute sospendendo gli accessi al locale refettorio o persino alle aree caffè lasciando che i lavoratori si arrangino, consumando il pasto in condizioni talora non dignitose.
Si spera al momento che, a chiarire la reale posizione del legislatore sul tema del Green Pass nelle aziende e nei refettori (a cui dobbiamo aggiungere anche le aree caffè), il Governo si appresti a emettere gli opportuni chiarimenti sperando che, almeno in questo caso, ci sia una chiara e univoca interpretazione.
A cura di: Dott. Carena Marco